
L’impresa di oggi nasce e si sviluppa in uno scenario sempre più internazionale. I processi di integrazione internazionale della produzione sono inevitabili e non possono essere ignorati dalle imprese che vogliono rimanere sul mercato e quindi necessitano di essere competitive e al passo con i tempi.
Nell’ambito dell’internazionalizzazione produttiva uno dei fenomeni che maggiore incidenza è la delocalizzazione produttiva. La delocalizzazione spesso, ma non sempre, rappresenta un’opportunità per le imprese industriali che trovano convenienza a trasferire i loro impianti produttivi in siti più vantaggiosi, ossia segmentare tra più siti i cicli di lavorazione, mentre in genere lasciano le funzioni amministrative in testa all’impresa nel Paese d’origine.
Cosa significa il termine delocalizzazione della produzione
Con il termine di delocalizzazione della produzione si intende il trasferimento della produzione di beni e/o servizi in altri paesi, in genere in via di sviluppo o in transizione. Più precisamente ci si riferisce ad uno spostamento della produzione da imprese poste sul territorio di un determinato paese, ad altre localizzate all’estero. La produzione che si ottiene a seguito di questo spostamento dell’attività non è venduta direttamente sul mercato ma viene acquisita dall’impresa che opera nel paese d’origine per poi essere venduta con il proprio marchio.
Negli ultimi anni il numero delle aziende che ricorrono alla delocalizzazione è aumentata in misura rilevante per i diversi vantaggi che comporta sui profitti aziendali.
I vantaggi della delocalizzazione della produzione
Ci sono diversi motivi che spingono le aziende a delocalizzare la produzione e certamente non tutte le aziende hanno le stesse motivazioni e danno lo stesso peso a ciascun motivo. In linea generale tra i vantaggi che le aziende pensano di perseguire dalla delocalizzazione della produzione possiamo menzionare:
- I minori vincoli in termini di tutela ambientale e di diritto del lavoro.
- La disponibilità in loco di materie prime a basso costo.
- La possibilità di stabilire partnership con potenziali concorrenti.
- La facilità di integrazione verticale nel processo produttivo.
- Le agevolazioni finanziare e commerciali.
- La riduzione dei costi di trasporto.
- La prossimità dei mercati di sbocco.
- La presenza in mercati in forte sviluppo.
- Il superamento barriere commerciali.
- L’avvicinamento al cliente.
- Il basso costo del lavoro.
- I vantaggi fiscali.
- Altri vantaggi.
Se si fa riferimento al settore manifatturiero italiano, quasi la metà delle aziende italiane ha delocalizzato all’estero per abbassare i costi del fattore lavoro.
Gli svantaggi della delocalizzazione della produzione
La delocalizzazione non comporta solo vantaggi per l’azienda, ma anche svantaggi e rischi che un’azienda deve tener conto durante la fase di analisi della fattibilità del processo. Alcuni di questi svantaggi e rischi da analizzare e da tenere conto sono:
- Il rischio Paese.
- L’aumento dei costi logistici.
- La perdita di controllo della qualità.
- I rischi di trasferimento del know-how.
- La perdita d’immagine.
- La perdita di produzione durante il trasferimento.
- Altri svantaggi e rischi.
Gli effetti prodotti dalla delocalizzazione della produzione
La delocalizzazione dell’attività produttiva all’estero da parte delle aziende produce effetti microeconomici e macroeconomici sia nel paese dell’origine che in quello in cui essa si trasferisce:
Nel paese di origine, la delocalizzazione porterà ad un aumento della disoccupazione dei lavoratori low skill ed un aumento della richiesta di lavoratori con qualifiche più elevate, ossia high skill. Questo porterà ad un aumento della retribuzione per i lavoratori qualificati. Di solito la delocalizzazione fa aumentare anche i profitti per l’azienda madre in quando si riesce a migliore l’efficienza produttiva, e di tutto ciò beneficiano anche i consumatori finali, i quali pagheranno di meno per ricevere lo stesso bene e/o servizio.
Nel paese di destinazione, si verificherà una riduzione della disoccupazione in quanto saranno aperti nuovi posti di lavoro. Ma la riduzione della disoccupazione non è l’unico effetto positivo per il paese di destinazione. Solitamente ciò porta a molti benefici come ad esempio un aumento dei salari medi, un aumento della produzione anche per altre aziende in loco, un aumento delle imposte raccolte da parte dello stato, maggiori opere pubbliche ecc. Tutto ciò si tradurrà in maggiore benessere dei cittadini di quel paese.
Sicuramente questi non sono gli unici effetti prodotti dalla delocalizzazione della produzione, ma c’è ne sono molti altri economici, sociali e politici sia nel paese di origine che nel paese di destinazione.
La differenza tra delocalizzazione e sfruttamento
La delocalizzazione della produzione all’estero non deve essere confusa con lo sfruttamento. Si parla di sfruttamento nel caso in cui la delocalizzazione sposta l’attività produttiva nei paesi in cui sono negati i diritti fondamentali dell’uomo come ad esempio l’uso del lavoro minorile, la scarsa sicurezza dell’ambiente del lavoro, minore tutela dell’ambiente ecc. Lo sfruttamento, a differenza della delocalizzazione, comporta effetti negativi per il paese di destinazione sia a livello microeconomico che a livello macroeconomico, riducendo così il benessere dell’intera collettività.
Dalla delocalizzazione della produzione all’estero al Back Shoring
Se un’azienda delocalizza la produzione all’estero non significa che lo fa per sempre. Infatti, spesso accade che un’impresa, dopo aver delocalizzato una parte o tutta la produzione all’estero, può decidere di farlo ritornare nel paese di origine la produzione per vari motivi. Questo tipo di processo viene denominato Back Shoring. Il ritorno nel paese di origine può avvenire a livello istituzionale, a livello funzionale, direttamente o indirettamente. Nel primo caso il Back Shoring riguarda l’intera azienda, nel secondo caso riguarda solo una parte di essa ed infine nel terzo e quarto caso ciò che distingue il processo è l’assorbimento dell’attività estera direttamente all’interno dell’azienda stessa o se viene concessa ad un’altra, sempre nel paese d’origine.
Le motivazioni principali che spingono un’impresa a scegliere di tornare nel paese d’origine, dopo aver delocalizzato possono essere molteplici, ma principalmente possono riguardare la valutazione errata dei costi oppure il venire meno dei benefici che avevano spinto l’azienda a delocalizzare.
Come si misurano gli effetti della delocalizzazione della produzione
La misurazione dell’incidenza degli effetti della delocalizzazione non è agevole e soprattutto non esiste una unità di misura univoca. La difficoltà nella misurazione è dovuta principalmente al fatto che il fenomeno della delocalizzazione è ampio e varie sono le sue espressioni. Infatti, la delocalizzazione determina flussi di capitali, flussi di merci sia tra filiali della stessa impresa che fra imprese diverse e flussi di informazioni e di conoscenze produttive e tecnologiche.
Un primo aiuto alla misurazione della delocalizzazione, viene dal fatto che tale organizzazione della produzione genere flussi di scambio di beni in diversi stadi di lavorazione tra paesi diversi e ciò è misurabile approssimativamente con i dati di commercio internazionale.
Un altro modo che può essere utilizzato per misurare il processo di delocalizzazione è quello di tenere conto della produzione internazionale, in particolare dei dati del commercio internazionale relativi a particolari regimi tariffari come ad esempio il Traffico di Perfezionamento Passivo per l’Unione Europea e l’ Offshore Assembly Program per gli Stati Uniti), i flussi di beni definitivi, le informazioni indirette derivati da dati relativi ad investimenti diretti esteri e le indagini o questionari.
Entrambi questi modi consentono di valutare in modo approssimato gli effetti che la delocalizzazione della produzione genera.
Conclusione
Molte delle aziende che hanno delocalizzato non hanno avuto sempre i risultati che speravano e cosi negli ultimi anni è aumentando il numero delle aziende che stanno facendo ritornare nel paese di origine la produzione. Questo fatto deriva anche dalla complessità della valutazione sia ex ante che ex post degli effetti che la delocalizzazione della produzione produce.