Il petrolio è uno di quei investimenti alternativi caratterizzati da una elevata volatilità e che molto spesso si trova nei portafogli degli Hedge funds. Il Brent è il petrolio di riferimento europeo, invece il Wti è un tipo di petrolio prodotto in Texas e viene utilizzato come benchmark sul mercato dei futures e dei Nymex.
In uno solo anno il prezzo del Wti è passato da quasi 100 dollari al barile a 42 dollari a barile verso marzo ed arrivare a 59 dollari, come mostrato dal grafico. La causa principale del prezzo del petrolio è stata il boom di produzione negli Usa e una domanda più debole. La caduta del prezzo ha portato ossigeno per l’economia in generale. Ma cosi non è stato per tutti. Molti Hedge funds hanno subito rilevanti perdite dalla caduta del prezzo.
Solo gli Hedge fund che hanno scommesso sulla discesa del prezzo, ricorrendo al short selling, ossia vendita allo scoperto, hanno realizzato guadagni, come ad esempio il Tusker Capital Hedge fund. Una discesa veloce del prezzo del petrolio, però comportava anche il potenziale per un rimbalzo altrettanto brusco. Negli ultimi 2 mesi si è verificato un significativo aumento del prezzo, causato in buona parte anche dall’aumento degli investimenti negli Hedge funds, i quali hanno spostato miliardi e miliardi da altri assets, verso il petrolio scommettendo su un suo rialzo.
Nonostante si è verificato rallentamento del shale oil e un leggero deprezzamento del dollaro, ciò non spiega l’aumento del prezzo. L’Us dollar index è sceso da 100 a quasi 95.5 in solo 2 mesi, come mostrato nel grafico. L’Us dollar index misura il valore del dollaro, in relazione di un paniere di valute diverse, tra cui: euro, yen giapponese, sterlina brittanica, dollaro canadese, corona svedese e franco svizzero.
In conclusione, si può dire che si tratta principalmente di pura speculazione, piuttosto che fattori legati alla domanda e all’offerta.